Per anni l’email marketing è stato considerato uno degli strumenti più potenti e accessibili nel mondo della comunicazione commerciale. Invio immediato, costi contenuti, metriche misurabili: tutto sembrava farne un canale imprescindibile, soprattutto per le aziende B2B.
Ma qualcosa sta cambiando.
Negli ultimi due anni, numerose ricerche di settore hanno segnalato un calo netto del tasso di apertura delle email B2B. In molti casi, le performance medie sono scese sotto il 20%, con punte ancora più basse in alcuni mercati. Entrando nel 2025, il messaggio per le aziende è ormai evidente: affidarsi esclusivamente alle email commerciali non è più sufficiente per generare vendite.
Perché le email B2B non funzionano più come prima
L’open rate, cioè la percentuale di destinatari che apre un’email, è sempre stato considerato il primo termometro dell’efficacia di una comunicazione. Se un messaggio non viene aperto, non verrà nemmeno letto, e senza lettura non può esserci nessuna azione commerciale. Il calo che osserviamo oggi è quindi un sintomo preciso di un cambiamento profondo nelle abitudini di chi decide gli acquisti in azienda.
Il primo fattore che pesa è il sovraccarico informativo. I buyer aziendali ricevono ogni giorno decine di messaggi: newsletter, proposte commerciali, comunicazioni automatizzate. L’attenzione diventa una risorsa scarsa e preziosa. In questo mare di input, solo pochissimi messaggi riescono a emergere, mentre gli altri vengono ignorati o archiviati senza nemmeno un’apertura.
A questo si somma l’evoluzione dei filtri antispam. I principali provider di posta elettronica come Gmail, Outlook o Zoho hanno perfezionato gli algoritmi di filtro, penalizzando le email che mancano di personalizzazione, che sembrano standardizzate o che contengono troppi link promozionali. Spesso i messaggi finiscono direttamente nella cartella “Promozioni” o, peggio, nello spam, senza neanche raggiungere l’inbox principale.
Un’altra criticità frequente è l’assenza di una segmentazione efficace. Troppe aziende continuano a inviare email a liste ampie e poco profilate, senza distinguere per ruolo, settore o grado di interesse. Il risultato è una comunicazione generica, che non parla realmente al destinatario e viene rapidamente percepita come irrilevante.
A rendere tutto più complesso c’è poi il cambiamento del comportamento d’acquisto nel B2B. Oggi i buyer sono molto più autonomi: cercano referenze online, confrontano soluzioni, leggono recensioni, e spesso arrivano alla fase di contatto solo quando hanno già preso buona parte delle decisioni. La conseguenza è che la mail, se inviata nel momento sbagliato, rischia di arrivare troppo presto o troppo tardi, diventando invisibile.
Come devono reagire le aziende B2B
Il calo dell’open rate non è solo un problema tecnico da risolvere con linee oggetto più accattivanti o con database più aggiornati. È un segnale chiaro che invita a ripensare le strategie commerciali.
Oggi non basta più mandare un’email curata e aspettarsi che funzioni. Serve un approccio diverso, più integrato e soprattutto più umano. In questo contesto, il ritorno a canali diretti come il telefono o LinkedIn, all’interno di un processo outbound ben organizzato, diventa una delle leve più efficaci per ottenere risultati concreti.
Il contatto diretto ha infatti la capacità di superare molti dei limiti tipici delle email. Parlare al telefono con un decisore, soprattutto dopo aver inviato una presentazione introduttiva, permette di creare un contesto reale per l’interazione, personalizzare il messaggio in base alle risposte e ricevere feedback immediati. Ma il vero valore aggiunto è un altro: costruire una relazione.
Nel B2B, la fiducia resta uno dei principali fattori di acquisto. E la fiducia si costruisce tra persone, non tra software.
L’importanza di un processo outbound ben strutturato
Naturalmente, passare al contatto diretto non significa improvvisare qualche telefonata a caso. Per essere efficace, la strategia deve poggiare su un processo ben studiato. Si parte da un database aggiornato e in target, si lavora con messaggi personalizzati via email o LinkedIn per preparare il terreno, si pianifica una chiamata orientata a costruire relazione e valore, e si prevede un sistema di follow-up per gestire i prospect che non sono ancora pronti. Il tutto deve essere tracciato e monitorato attraverso un CRM, che diventa il cuore operativo della macchina commerciale.
Questo approccio, conosciuto come Outbound Sales, permette di parlare solo con aziende potenzialmente interessate, fissare appuntamenti con i decisori, aumentare le conversioni e ridurre i tempi e i costi di acquisizione.
Il calo delle email non è una crisi, ma un’opportunità
Guardando al quadro generale, il calo dell’open rate delle email B2B non deve essere visto come una crisi, ma come un’opportunità per evolvere. È l’occasione per ripensare le strategie, uscire dal rumore di fondo e tornare a puntare su ciò che nel B2B fa davvero la differenza: le relazioni autentiche.
Le aziende che sapranno combinare messaggi personalizzati, contatti diretti e processi tracciabili saranno quelle che conquisteranno un vantaggio competitivo reale. Perché mentre tanti continueranno a inviare email che nessuno legge, loro saranno già al telefono con chi ha bisogno, oggi, dei loro servizi.